Molto meno noto dell’Uranio, il Torio è considerato dagli scienziati impegnati in ambiti nucleari una fonte energetica di livello superiore, vuoi perché più facilmente controllabile rispetto alla fissione tradizionale basata sull’Uranio vuoi perché tre volte più abbondante di quest’ultimo.
Inoltre dà luogo a meno sottoprodotti radioattivi, è difficilmente utilizzabile a scopo bellico e permette di realizzare combustibili liquidi anziché solide come sono le barre di Uranio. A tali plus si somma poi la possibilità di rendere più sicuri i reattori mediante pochi e semplici accorgimenti fisici atti a rendere impossibile una scissione incontrollata.
Torio, l’elemento chimico fonte energetica del futuro
A fronte di tali possibilità e consapevole del fatto che una tonnellata di Torio darebbe luogo alla stessa quantità di energia emessa da tre milioni e mezzo di tonnellate di carbone, il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti ha deciso di a testare un combustibile nucleare avanzato a base di Torio denominato “Aneel”, “Advanced Nuclear Energy for Enriched Life, messo a punto dall’azienda statunitense Clean Core Thorium Energy. I test avranno luogo presso l’Idaho National Laboratory e rappresenteranno l’ultimo passo verso la possibile commercializzazione di energia basata sul Torio.
Aneel utilizza una combinazione di Torio e Uranio a basso arricchimento e ad alto dosaggio chiamata “Haleu” che può essere utilizzata nei reattori a uranio arricchito con raffreddamento ad acqua pressurizzata e nei reattori ad acqua pesante pressurizzata.
Secondo Clean Core, il combustibile consente di ottenere una maggiore produzione di energia rispetto ai combustibili a Uranio stando entro i margini di sicurezza esistenti, riduce i costi operativi dei reattori e anche la produzione di rifiuti nucleari di oltre l’87 per cento. Altro vantaggio la possibilità di usare “Aneel” anche nei nuovi piccoli reattori nucleari modulari. Idaho National Laboratory prevede di iniziare i test del combustibile entro la fine del 2022 o l’inizio del 2023 e in tale ottica Clean Core ha già completato la fabbricazione dei pellet necessari. Le previsioni azzardano lo sfruttamento commerciale di “Aneel” fra un paio d’anni.
Meglio dell’Uranio
Il Torio è un elemento chimico avente numero atomico 90 e simbolo “Th”. È un metallo debolmente radioattivo scoperto nel 1829 dal sacerdote e mineralogista amatoriale norvegese Morten Thrane Esmark. Di colore argenteo, diventa nero se esposto all’aria formando il Diossido di Torio, propone isotopi instabili e ha la più lunga emivita di tutti gli elementi significativamente radioattivi, oltre 14 miliardi e mezzo di anni. Decade quindi molto lentamente trasfromandosi in piombo-208. In natura si stima che il Torio sia tre o quattro volte più abbondante dell’Uranio ed è principalmente raffinato dalle sabbie di monazite come un sottoprodotto di estrazione di metalli delle terre rare. Le riserve mondiali accertate nel 2007 parlavano di oltre due milioni e 600 mila tonnellate presenti in Australia, Stati Uniti d’America, Turchia, India, Venezuela e Brasile, ma lo si trova anche in Italia nel Lazio settentrionale, al confine tra Svizzera e Valle d’Aosta e sull’Etna.
Nonostante non sia fissile può essere usato come combustibile in un reattore nucleare in quanto assorbendo neutroni termici diventa uranio-233. Tra i problemi connessi a tale utilizzo rientrano però gli elevati costi di produzione del combustibile, legati all’alta radioattività dell’uranio-233 e quelli indotti dal riciclo del Torio. Nondimeno, il suo ciclo combustibile può essere utile sul lungo periodo, data la possibilità di produrre combustibile senza dover ricorrere a reattori a neutroni veloci. E’ inoltre più abbondante dell’uranio e quando diventa un combustibile esausto ha una radiotossicità estremamente più bassa rispetto a qualunque reattore all’uranio-plutonio.
Si ritiene pertanto che le scorie andrebbero confinate solamente per circa 300 anni contro il milione di anni richiesto dai “combustibili” esausti di un reattore all’uranio di terza generazione e le decine di migliaia di anni richiesti dai combustibili esausti dei reattori autofertilizzanti all’uranio-plutonio.