L’equazione del razzo di Ciolkovskij, che è alla base della propulsione spaziale, è il supporto teorico che permette di determinare la quantità di combustibile necessario per portare un determinato carico utile in orbita. Tale equazione formalizza il legame tra la variazione di velocità di un razzo e la massa di carburante che deve essere utilizzata per ottenere tale variazione. Una relazione che vede la quantità del combustibile imbarcato crescere con l’aumento della variazione di velocità richiesta, cosa che dà luogo a un ulteriore aumento delle masse che a sua volta richiede una quantità di propellente ancora maggiore.
Accade così che “Saturn V”, a titolo esemplificativo, vedeva oltre il 90 per cento del proprio peso costituito esclusivamente da propellente, disposto su più stadi. Tale ridondanza si rende necessaria indipendentemente dalle masse da mettere in orbita, esattamente come è indipendente da loro la velocità di quasi otto chilometri/secondo, circa 28 mila chilometri all’ora, necessaria per far entrare in orbita un satellite.
Proprio su tale esigenza si è concentrato il team di progettazione dell’azienda californiana Spin Launch per verificare la possibilità di raggiungerla senza dover usare grandi quantitativi di propellente. Dato che la maggior parte del combustibile viene bruciata nelle primissime fasi del lancio, in pratica per lo stacco da terra del vettore, le attenzioni dei tecnici si sono concentrate in particolare sulla possibilità di sfruttare una forza centrifuga quale “fionda” alzare piccoli carichi utili, fino a cento chili, prima di dover accendere il motore del razzo. E’ nato così nel New Mexico il primo acceleratore suborbitale centrifugo per la messa in orbita di satelliti, un sistema in grado di accelerare missili cavi di ridotte dimensioni facendoli ruotare a velocità sempre crescente all’interno di una camera cilindrica e lungo una traiettoria circolare fino a far loro raggiungere gli otto mila chilometri/ora, velocità sufficiente a permettere il raggiungimento di un’altezza suborbitale alla quale azionare poi un compatto sistema propulsivo tradizionale.
Spin Launch: proprietà e caratteristiche
L’acceleratore “Spin Launch” permette quindi di eliminare la maggior parte del carico che il vettore deve sollevare fino ad altezze suborbitali che, di fatto, è costituito principalmente dal propellente e dalle strutture atte a contenerlo. Una soluzione esplorata circa 50 anni fa nell’ambito del progetto “Harp”, “High Altitude Research Project”, al quale è ispirato il team di ingegneri di Spin Launch.
Il progetto originale fu sostenuto dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti e prevedeva il lancio di proiettili di derivazione militare serie Martlet in alta atmosfera, fino a 180 chilometri di altezza massima, mediante due cannoni da 410 millimetri forniti dalla Marina Militare del Stati Uniti saldati tra loro. Un sistema che portò alla realizzazione di un super cannone con una canna di 36 metri e pesante 200 tonnellate. I proiettili di 181 chili di peso potevano trasportare un carico utile di 84 chili uscendo dalla canna a una velocità di poco inferiore agli otto mila chilometri all’ora e toccando i 181 chilometri di altezza. Partendo dal cannone del progetto “Harp” il team di Spin Launch ha ripreso l’idea di base ma puntando a eliminare le iniziale accelerazioni di 15 g che caratterizzavano lo sparo dei proiettili, sollecitazioni che mettevano a rischio l’integrità dei carichi utili se costituiti da sistemi complessi e delicati come i satelliti. Si puntava a quindi a trovare una soluzione che accelerasse i carichi in maniera più progressiva, obiettivo raggiungibile proprio usando una gigantesca centrifuga azionata elettricamente.
Il sistema Spin Launch è quindi composto da una struttura cilindrica verticale del diametro complessivo di circa 90 metri realizzata con acciai ad alta resistenza la maggior parte della quale è occupata da una camera a sua volta cilindrica in grado di subire una depressurizzazione atta a ridurre gli attriti aerodinamici durante le fasi di rotazione dei vettori. Questi sono ancorati a un braccio rotante di fibra di carbonio al cui movimento provvede un albero motore posizionato sull’asse longitudinale della camera e azionato da una coppia di motori elettrici. I satelliti, o il carico utile da inviare nello spazio, sono accolti all’interno di un missile stabilizzato nella traiettoria da piccole superfici alari che permette l’attraversamento in sicurezza delle parti basse dell’atmosfera. Ancorato al braccio rotante, il missile è portato in rotazione all’interno della camera fino alla velocità di circa otto mila chilometri all’ora per essere poi sganciato al raggiungimento di tale velocità
A quel punto la sua traiettoria diventa rettilinea e tangenziale alla precedente circonferenza di rotazione permettendo al missile di imboccare un condotto a camino e spiccare il volo verso lo Spazio. Una volta raggiunta la quota suborbitale entra poi in azione il sistema propulsivo finale a doppio stadio che fornisce la spinta necessaria per il raggiungimento da parte del carico utile dell’orbita finale. Spin Launch è al momento stato oggetto di lanci di prova i cui risultati positivi hanno portato la Nasa a firmare un contratto per testare il sistema entro la fine del 2022. Se il progetto di sviluppo si completasse positivamente Spin Launch potrebbe iniziare a effettuare i primi lanci reali nel 2025.
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Titolo: “Spin Launch”, l’acceleratore aerospaziale low cost
Autore: Redazione