La storia dell’automobilismo è fatta di nomi, di vetture e di marchi che hanno interpretato una parte da protagonista sui palcoscenici più amati dal pubblico. In tale ottica, Ferrari e Le Mans rappresentano gli apici di un filo rosso che quest’anno è tornato a unirsi a 50 anni di distanza dall’ultima presenza proprio nel centenario di una gara che fa parte dell’immaginario collettivo delle corse endurance, la mitica, e mai come in questo caso tale termine non è abusato, “24 Ore di Le Mans”. Non è solo una gara, è molto più, un concentrato di emozioni in cui le gesta dei piloti e la resistenza delle vetture danno forma al mito nell’ambito di una kermesse che coinvolge e rende protagonisti anche gli spettatori.
Una festa dei motori e una sfida unica quindi, che il marchio Ferrari ha fatto sua per nove volte prima di eclissarsi per mezzo secolo causa gli impegni sportivi indotti da altre competizioni. Quest’anno il ritorno, in occasione della centesima edizione della gara e la decima vittoria maturata grazie a una hypercar siglata “499P” frutto di una visione che affonda le sue radici nella tradizione endurance del Cavallino coniugandola con i più moderni e innovativi contenuti tecnici.
Realizzata a partire da un telaio monoscocca di fibra di carbonio, Ferrari “499P” porta infatti al debutto un gruppo di motopropulsione ibrido, strutturato sulla base di un tradizionale motore endotermico “V6” derivato dall’unità che equipaggia la supercar stradale ibrida “296 Gtb” e installato posteriormente e di un’unità elettrica posizionata anteriormente che entra in azione lavora in sinergia col propulsore termico quando la vettura supera i 190 chilometri/ora. Sotto tale velocità, la trazione è demandata esclusivamente a “V6” da tre litri di cubatura e da 680 cavalli di potenza massima, un’unità sulla quale i tecnici di Maranello sono ovviamente intervenuti, vuoi per enfatizzarne le prestazioni, vuoi per garantirsi la necessaria affidabilità vuoi per sviluppare soluzioni che seppur ad hoc per la competizione, un alleggerimento complessivo in primis, siano però poi trasferibili almeno in parte sulla produzione.
Una sfida particolarmente impegnativa dunque, anche perché l’unità endotermica di “499P” è di tipo portante e quindi svolge una fondamentale funzione strutturale a differenza dei motori che equipaggiano le tradizionali granturismo da competizione alloggiati sul telaio della vettura. Non è invece strutturale il motore elettrico installato anteriormente, gruppo interfacciato con un differenziale dedicato ed erogante 200 chilowatt di potenza massima, 272 cavalli equivalenti. Ferrari non ha specificato il tipo di motore elettrico in uso, ma è ipotizzabile che sia a flusso assiale ed è certo che preleva la necessaria energia da un accumulatore che si ricarica nelle fasi di decelerazione e frenata operando alla tensione nominale di 900 volt. Così configurato, il powertrain eroga un potenza complessiva massima di 700 chilowatt, 952 cavalli equivalenti, trasferita a terra attraverso un cambio sequenziale a sette rapporti gestibile attraverso due paddle posti ai lati del volante di guida coma da tradizione sportiva.
Fortemente legato al dna Ferrari anche il design della vettura, declinato attraverso forme semplici e sinuose volte a definire un’architettura chiara ed essenziale, in cui ogni tratto è funzionale alla ricerca del miglior coefficiente aerodinamico. Un impegno progettuale durato oltre 22 mesi e tre mila ore di lavoro tra calcoli, test in galleria, in scala reale e in pista che ha portato gli ingegneri di Maranello a sviluppare una specifica ala posteriore per armonizzare il carico aerodinamico della vettura in funzione delle diverse sezioni della pista.
Denominata “Adjustable Aerodynamic Device”, l’ala è regolabile per modificare il carico e, di conseguenza, per ripartire lo stesso tra anteriore e posteriore in funzione della velocità e dell’assetto di marcia, operando congiuntamente a sospensioni a triangoli sovrapposti di tipo “push-rod” per assicurare a “499P” i più elevati standard di aderenza all’asfalto sia nei lunghi rettilinei sia, soprattutto, nelle curve ad alta velocità di percorrenza. Non meno sofisticato è l’impianto frenante che integra un sistema di brake-by-wire necessario per consentire il recupero della energia cinetica in frenata da parte dell’assale elettrico anteriore e sviluppato per coniugare precisione e velocità di risposta con quelle doti di affidabilità e di resistenza indispensabili per completare con successo una gara endurance.
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Titolo: Alla “24 Ore di Le Mans” Ferrari torna a vincere con l’hypercar “499P”
Autore: Redazione